Sintesi
L’intento del presente articolo è riflettere intorno al problema della performance musicale e di come questa attivi tanto nell’ascoltatore quanto nell’interprete una risonanza che coinvolge entrambi in una risonanza di tipo empatico.Tale processo d’interrelazione è stato ampiamente studiato ma in questa sede s’intende osservare la relazione interprete-ascoltatori seguendo i contributi offerti dalle recenti ricerche neuroscientifiche.
L’espressione musicale ha da sempre fatto parte della comunicazione umana attraversando nei secoli modalità sonore socialmente e culturalmente condivise sia nelle forme che nelle specificità linguistiche.
Fin qui niente di nuovo ma ciò che oggi le nuove ricerche scientifiche chiariscono è che non solo il prodotto musicale parla dell’epoca che lo ha prodotto ma rappresenta un punto importante di convergenza nella relazione umana intesoggettiva e sociale. Ciò che appare chiaro è la capacità della musica di evocare risonanze affettive e sensomotorie simili sia in chi ascolta che in chi suona. In quest’ottica fare così come ascoltare musica rappresentano due tipologie d’esperienza molto più simili fra loro di quanto si sarebbe potuto pensare.
Perché si attiva questa risonanza fra interprete ed ascoltatore?
La nostra condizione umana ci predispone alla necessità di stabilire relazioni con l’altro sia per confermare il nostro stesso esistere sia per attivare una costruzione di sé che non potrebbe essere di natura autosufficente.
Così come il nostro essere sociale ci spinge a stabilire relazioni interpersonali positive promuovendo comportamenti prosociali in grado di rispondere a bisogni di tipo relazionali.
Nel corso della propria esistenza l’uomo è insieme costruttore di un’identità collettiva quanto individuale all’interno della quale ritrovare una condivisione in grado di distinguerci in quanto esseri unici ma allo stesso tempo assimilarci agli altri come esseri appartenenti ad una comunità.
La storia dell’evoluzione umana mostra come l’imitazione è il prerequisito di base per lo sviluppo di abilità sociali come comprendere l’emozioni esperite da altri proprio in virtù della capacità di rispecchiamento reciproco.
Oggi sappiamo che il merito di queste straordinarie capacità risiede nel sistema dei neuroni specchio. Questi di fatto ci aiutano a ricostruire nel nostro cervello le intensioni dell’altro permettendoci una comprensione profonda degli stati d’animo altrui. Tale modalità, così connaturata con il nostro essere ,ci pone in continuo ascolto del nostro sé interiore e delle sue proiezione all’esterno facilitando notevolmente l’instaurarsi delle relazioni sociali durante la nostra vita. Ciò che si crea è un’interdipendenza del proprio sé con quello dell’altro in un rispecchiamento reciproco che costituisce il presupposto indispensabile alla costituzione di un processo d’ empatia.
Ma cosa ha a che fare tutto questo con l’espressione musicale?
Immaginiamoci una scena. Sono ad un concerto. Le luci si abbassano, in sala scende un silenzio carico di attesa, entra il direttore d’orchestra , applausi e poi di nuovo un silenzio ancora più denso;il direttore alza le braccia, respira ed in quell’attimo di grande concentrazione anche il mio respiro è sospeso fino all’attacco del suono.
Perché tutto questo accade all’ascoltatore? E perché non accade solo agli interpreti?
Ogni opera musicale si esprime sempre attraverso il corpo in azione è la dinamica del gesto che produce il suono coerente alla valenza espressiva manifesta. Proprio questa gestualità rappresenta il fulcro intorno al quale si costruisce una sintonizzazione capace di attivare anche in chi ascolta una condivisione simulata dell’esperienza stessa.
Dagli studi compiuti in questi ultimi anni emerge chiaramente che la gestualità ed il linguaggio fanno parte di un unico sistema coerente. Del resto la gestualità precede lo sviluppo del linguaggio ed acquista una specifica valenza proprio nell’atto imitativo che rappresenta una prima forma di condivisione con l’altro.
Gli studi sul sistema dei neuroni specchio hanno chiarito l’esistenza di un meccanismo neurale che mappa direttamente l’espressione delle azioni altrui sulla rappresentazione motoria delle stesse azioni presenti nel cervello dell’osservtore. I dati che emergono da questi studi mettono in evidenza la nostra capacità di entrare in risonanza con le azioni compiute dagli altri proprio perché i neuroni specchio si attivano sia quando compiamo un’azione sia quando la vediamo compiere da altri. Il meccanismo di rispecchiamento, che coinvolge anche il nostro sistema motorio, dimostra che noi non solo vediamo con la parte visiva del cervello ma anche con il sistema motorio.
“I neuroni specchio mappano in modo costitutivo una relazione tra agente e un oggetto: la semplice osservazione di un oggetto che non sia obiettivo di alcuna azione non evoca in essi alcuna risposta.” 1
“I neuroni specchio (…) sono alla base, prima ancora che l’imitazione, del riconoscimento e della comprensione del significato degli “eventi motori” ossia degli atti degli altri”. 2
I meccanismi di rispecchiamento sono presenti nell’atto musicale in termini di simulazione come al momento dell’apprendimento di tecniche specifiche tipo ditegggiature o articolazioni ma anche durante l’esecuzione di un brano, chi ascolta è realmente parte attiva del processo sonoro che si compie nel momento.
La base comune è rappresentata dalla capacità di sintonizzarsi empaticamente all’intensionalità espressiva dell’atto musicale. Un’ espressività mostrata sia nella pratica interpretativa quanto nella gestualità dell’interprete. E’ così che sentirò vivere in me un coinvolgimento fisico quasi come se fossi in prima persona a suonare in quel momento, come se guardare ed ascoltare mi permettesse di esperire fisicamente sensazioni fisiche coerenti a ciò che si mostra.
Alla luce di queste premesse è lecito ipotizzare che esista un linguaggio espressivo all’interno del quale esecutore ed ascoltatore generalmente concordano.L’idea sonora espressa dell’interprete prende forma non solo sul piano uditivo ma anche su quello gestuale in una coerenza capace di rinforzare l’idea espressiva nel suo presentarsi.
Attraverso l’atto esecutivo il musicista rende leggibili le relazioni che si stabiliscono all’interno di un’ idea musicale.
Gli atti sono anche la causa diretta sia della qualità espressiva sia della qualità sonora del risultato acustico nel suo insieme. L’esecuzione è così il risultato di un’interazione tra un piano di pensiero, ciò che si vuole ottenere, e ed un sistema flessibile di programmazione gestuale, atta ad ottenerlo.
Alla luce di queste osservazioni possiamo considerare l’oggetto artistico come un atto di natura sociale capace di evocare risonanze di natura senso-motoria ed affettiva in colui che ascolta al pari di colui che realmente suona. La natura intersoggettiva della performance musicale si rivela nella capacità di rappresentazione mimetica di chi ascolta e quindi partecipa,anche involontariamente all’atto musicale nel suo complesso.
“L’espressività è un tratto fondamentale dell’immediatezza mediata e corrisponde, tanto quanto la strumentalità o l’obiettività del sapere,alla tensione da compensare continuamente e all’intreccio tra corpo ed essere e corpo e avere. L’espressività è un modo originario per venire a capo del fatto di abitare in un corpo e contemporaneamente di avere un corpo.” 3
Ma allora da dove nasce questa consonanza tra interprete ed ascoltatore?
C’è una modalità di risonanza comune tra gli individui nella fruizione artistica?
Gli studi di neuroestetica si occupano proprio di indagare in questa direzione individuando possibili standard di percezione universale in grado di svelare la natura dei piaceri estetici che rileviamo davanti ad un’opera d’arte analizzando le cononoscenze psicofisiche e neurocognitive proprie della parte visiva del cervello.
Oggi questa ricerca è ampliata da studiosi quali V.Gallese e D. Freedberg che propongono di concentrare l’attenzione sui fenomeni che si producono a livello corporeo durante la contemplazione di opere visive. In particolare sull’osservazione dei meccanismi neuronali che assecondano il potere empatico delle immagini. Queste ricerche mostrano come la simulazione incarnata ed i sentimenti empatici generati dalle immagini svolgano un compito molto preciso durante la contepmlazione di opere d’arte. L’idea è che ci sia una sorta d’immedesimazione da parte dell’osservatore nella gestualità propria della produzione di un’opera d’arte, una specie di’imitazione fisica ed interiore della gestualità espressa visivamente.
Le ricerche hanno dimostrato che tanto la simulazione incarnata quanto il sistema senso-motorio risultano coinvolti nel riconoscimento delle emozioni e sensazioni espresse dagli altri proprio perché permettono la ricostruzione di cosa proveremmo in una particolare emozione mediante la simulazione dello stesso stato corporeo.
Se questo accade nell’esperienza visiva si potrebbe immaginare uno stesso tipo di rispecchiamento anche nella pratica sonora tra interprete ed ascoltatore. Una simulazione dell’ascoltatore come se lui stesso prendesse parte attiva, fin dai neuroni, nella performance musicale. In parte questo accade già nel momento in cui il pubblico re-interpreta ad ogni ascolto l’opera in oggetto rinnovandone e attualizzandone continuamente il senso ma in questo caso non si tratterebbe di un’operazione squisitamente intellettuale-emozionale ma attraverso la simulazione incarnata si assisterebbe a ben altra tipologia di rispecchiamento.
Se queste ricerche troveranno riscontro anche nell’ambito musicale si apriranno nuove prospettive di studio sulla natura del ripecchiamento fra interprete e pubblico e forse potremo guardare, con gli occhi della scienza, alla performance musicale da una prospettiva naturale ed universalmente condivisa tra individui magari non solo della stessa specie.
Bibliografia
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Note
1 Gallese, 2008, p. 21
2 Rizzolati, Sinigaglia,2006, p. 96
3 Plessner,2007, p. 78.
Marzo 2010