Oggi vi parlo di uno scritto che ben si sintonizza ad un tempo di vacanza e di meritato relax. Si tratta di un breve saggio che espone varie riflessioni sulla musica concentrandosi sulla prospettiva del silenzio.
In un mondo in cui il frastuono sovrasta inesorabile, nostro malgrado, la quotidianità di tutti noi, concentrare l’attenzione sui valori del silenzio è un’operazione che già di per sé permette un respiro più calmo e posato.
Per udire le diverse qualità dell’assenza di suoni l’ascolto si deve fare più sottile e attento tanto da poter percepire le diverse valenze semantiche del silenzio nello scorrere musicale. Possiamo, con questa attitudine, iniziare la nostra passeggiata taciturna alla scoperta dei tanti significati del silenzio in musica.
Il piccolo libro è diviso in due parti: la prima in cui l’autore descrive il silenzio come l’elemento fondamentale della musica e la seconda parte che analizza il “silenzio udibile” all’interno dei brani e costituito dalle pause, attraverso il confronto di tre interpretazioni diverse del Largo con gran espressione della Sonata op 7 per pianoforte di L. V. Beethoven.
Il silenzio è adeso con l’ascolto e questo binomio così semplice è il primo indispensabile passo per potersi sintonizzare sul presente, su un’attenzione focalizzata momento per momento.
Prima di un concerto c’è il silenzio del pubblico che si unisce al silenzio che l’interprete ha necessità di praticare con sé stesso.
“La sintonia col brano, quindi, non passa da un’identificazione, ma dal fare spazio dentro di noi.”pg14
Nelle pagine di questo scritto si evidenziano tante tipologie di silenzi: quello udibile, non udibile, evocato, doppio, relativo…indicando per ciascuna le diverse caratteristiche che li differenziano. Ma qui non voglio svelarvi i singoli dettagli, preferisco che il silenzio mostri la sua vita, che in questo elaborato si esplicita, ribaltando l’idea di vuoto che generalmente associamo al silenzio.
L’ascolto è la condizione primaria e indispensabile per apprezzare il valore del silenzio. Ma siamo davvero capaci di ascoltare? Qui potremo aprire un un’ampia dissertazione dato che questa capacità nel nostro tempo è veramente minata da un’eccessiva saturazione di antidoti all’apprezzamento del silenzio.
Certamente il passo immediatamente precedente all’ascolto è rappresentato dall’altissima qualità di attenzione che richiede: un’attenzione calma, paziente e senza la fretta di anticipare e di predire ciò che staremo per ascoltare ma, al contrario, pronta a sorprendersi in una disponibilità aperta e liberante. Questo vale sia quando ci troviamo ad ascoltare una musica quanto nel momento in cui siamo noi stessi a produrre musica; quando cioè rendiamo udibili i suoni attraverso un gesto, una condotta (Delalande) che produce una vibrazione. In ultima istanza lo strumento siamo noi, lo strumento è l’uomo stesso. Così tutti i mezzi, i dispositivi, servono a ricordarci e a far risuonare ciò che in noi intimamente e profondamente risuona e si esprime non solo attraverso i suoni ma anche anche nei silenzi e nelle pause.
Come anticipato nella seconda parte di questo brevissimo saggio si analizza Il Largo, con grande espressione della Sonata op.7 di L. V. Beethoven per pianoforte nell’incisione di W. Backhaus, W. Kempff e E. Gilels. L’autore compara le diverse interpretazioni osservando le diverse valenze espressive dei silenzi e di come queste rappresentano variabili considerevoli nella pratica interpretativa osservabile su uno stesso brano.
Vi suggerisco questa lettura per riflettere sulla componente creativa del silenzio, sul valore vivificante dell’ascolto e del silenzio interiore. Tutti questi temi sono stati già trattati nei mesi scorsi nella nostra rubrica Musica Studio perché rappresentano, per noi, lo sfondo costante del pensare e realizzare l’esperienza sonora. Un’attenzione sottile e curiosa che si nutre del silenzio interiore, dello spazio necessario a far emergere il proprio sentire in relazione con il mondo dentro e fuori di noi. Durante queste calde giornate è rigenerante posare i pensieri sulle potenzialità espressive che l’ascolto di sé e del proprio silenzio esplicitano sia nella vita che nella pratica musicale…perciò, buon silenzio e buon ascolto a tutti voi!
Emanuele Ferrari è ricercatore di musicologia e storia della musica presso la facoltà di Scienze della Formazione dell’università di Milano –Bicocca, dove insegna Musica e didattica della musica. E’ tra i fondatori dell’Accademia del Silenzio.
Ascoltare il silenzio, ed Mimesis, 2013