Generalmente chi studia musica è uno studente motivato che desidera realizzare il suo sogno di diventare musicista e un interprete con tutta la libertà d’espressione che l’arte, nell’accezione comune, garantisce da sempre. E’ un individuo che vuole svolgere attività significanti, trovare risposte soddisfacenti in un apprendimento attivo ed essere protagonista del suo stesso processo formativo. Uno studente che aspira all’autonomia, alla capacità di “imparare a imparare” comprendendo attraverso il proprio fare, le proprie capacità cognitive ed espressive che andranno palesandosi durante lo studio.
Ma come fa un insegnante, nella pratica, a garantire tutto questo intenzionalmente?
Il primo passo è costituito dalla qualità della relazione, elemento indispensabile per instaurare uno scambio significativo e una comunicazione autentica, una relazione che tra docente e studente dovrebbe essere instaurata da subito e mantenuta per tutta la durata dell’incontro con intensità costante.
In effetti un rapporto che nasce da questi presupposti acquista una valenza di tipo empatico dove entrambi i protagonisti sono coinvolti in un divenire costante che li trasforma continuamente. La relazione empatica determina le condizioni per una forma d’imitazione interiore che non solo consente alla persona di comprendere, ma anche di condividere e partecipare allo stato emotivo dell’altro. La qualità di questo incontro tra studente e docente è l’elemento fondamentale dell’insegnamento tanto da influenzare la capacità di creare un buon ambiente di lavoro e di scambio reciproco.
Il secondo passo scaturisce dalla qualità della relazione che predispone alla cura di sé, intesa come capacità di vivere e abitare il proprio mondo in modo autentico curando il proprio essere se stessi anche nel divenire interiore. L’idea di prendersi cura non è solo riferita a se stessi ma anche all’altro, in termini di una ricezione che facilita lo stare in ascolto tanto dentro di sé quanto fuori contemporaneamente.
Il terzo passo è costituito dall’ascolto, inteso in termini di apertura e accoglienza, che implica un atteggiamento disponibile verso l’altro e una capacità di attendere senza anticipare o pre-giudicare nulla. Si tratta di attivare un’attenzione dentro e fuori di sé che permetta la propria crescita non in un isolamento ma in una costante interazione con l’altro.
Sembra tutto molto scontato e condivisibile ma nella pratica installare una relazione efficace che attivi una disposizione alla cura di sé e una qualità d’ascolto che permetta di liberare la propria forza espressiva è molto difficile.
Il MR si struttura proprio su queste basi. Il MR è finalizzato all’ottimizzazione dell’attitudine posturale, che il singolo individuo assume durante lo svolgimento delle proprie attività quotidiane, durante lo studio o la performance musicale e nella relazione con l’altro.
Il Metodo è stato creato da Jean Paul Rességuier kinesiterapeuta, francese, studioso di osteopatia, Metodo Mézières, medicina e filosofia cinese che nel 1985 stabilisce le basi della Riabilitazione Integrata che oggi porta il suo nome, e comincia ad insegnarlo in Europa e Sudamerica. Le peculiarità del Metodo sono oggi applicate in ambito riabilitativo, ginecologico/ostetrico e psico-socio-educativo.
All’interno di quest’ultimo ambito s’inseriscono le specificità del metodo applicato alla performance musicale.
La caratteristica principale del MR è la relazione che si stabilisce tra docente e studente basata su una continua attenzione che attualizza la relazione stessa. Quest’attitudine dell’insegnante s’impara con un percorso specifico, teorico e pratico, durante i corsi di formazione sul metodo.
In particolare gli strumenti specifici del MR sono:
• Il sostegno attraverso il quale l’insegnante mantiene lo stato di attenzione sulla situazione del momento;
• Il contatto verbale che permette un monitoraggio attraverso domande specifiche sulle modulazioni degli stati fisici e delle dinamiche percettive che risvegliano uno stato di consapevolezza sulle diverse parti del corpo;
• Quando è possibile, si aggiunge il contatto con le mani che permette un’intensificazione della relazione e attiva una percezione multisensoriale che coinvolge l’essere nella sua totalità;
• La Petite gymnastique costituita da una serie di esercizi sull’asse dinamico verticale (torace e addome), che favorisce un’ulteriore amplificazione percettiva e una conseguente naturalezza posturale. La Petite gymnastique inoltre rappresenta una pratica che l’individuo impara a utilizzare in autonomia, e può essere impiegata prima di una performance musicale per ritrovare un proprio riallineamento posturale e psico-fisico generale.
Possiamo dire che nei trattamenti secondo il MR si parte dall’esserci in modo realmente empatico evidenziando così lo stato d’essere del momento e la sensazione generale che si sta vivendo. Consapevolmente si stabilisce un legame poiché si attribuisce all’altro un sentirsi corporeo in tutto analogo al proprio in grado di percepire volontariamente una globalità sensoriale che si presenta momento per momento.
Durante lo svolgersi del trattamento, nel quale è continuamente curata e attualizzata la relazione di prossimità e sono offerti alcuni stimoli percettivi, si assiste ai naturali cambiamenti posturali e neurovegetativi della persona. Tale trasformazione è coscientemente seguita dai protagonisti della relazione che sono al tempo stesso altrettanto partecipi nel seguire il processo intanto che si compie da sé. L’individuo ritrova la propria abilità integrando coscientemente i cambiamenti necessari con un’efficacia negli aggiustamenti che sorprende per la velocità con cui avviene.
Un aspetto importante da evidenziare riguarda lo svolgimento del trattamento, infatti, l’operatore impiega gli strumenti del metodo non seguendo un protocollo prestabilito ma a partire dalle risposte che il soggetto da nel corso del trattamento stesso cosi da aggiustare il suo fare sulla base di come la situazione stessa si presenta.
Perché usare il MR nella performance musicale? La ragione principale riguarda la possibilità di installare da subito una qualità di presenza cosciente e quindi riproducibile consapevolmente. Si tratta di interiorizzare uno strumento che permette un aggiustamento dall’interno liberando una funzionalità che si esprime nel momento ed è coerentemente integrata nella persona. Dal punto di vista posturale il lavoro permette una stabilizzazione centrale che destruttura l’abituale comportamento muscolare liberando l’articolazione del movimento. Inoltre, affinché la correzione prodotta dalla persona si possa consolidare come nuova acquisizione più funzionale rispetto a quella abituale, si lavora in una fase d’integrazione che stabilizza ulteriormente la postura.
Se riflettiamo sul momento in cui si suona in pubblico, possiamo rilevare un piano razionale di pensiero che si confronta con uno stato corporeo che al momento si presenta. La tensione durante un concerto, per esempio, modifica lo stato psicofisico dell’organismo aumentando la frequenza del battito cardiaco, della respirazione, della sudorazione, ecc, e in questi casi il musicista si trova a fronteggiare delle emergenze reali. Per ripristinare uno stato psico fisico ottimale, l’interprete farà ricorso a strategie diverse pur di ottenere un controllo generale tale da assicurare la capacità di dominare tutte le perturbazioni che lo investono.
Spesso però la volontà non basta per permettere una variazione di stato in termini di consapevolezza, possono esserci più cause ad invalidare l’intenzione più determinata come se la ragione sfuggisse ai tentativi di razionalizzazione delle energie messe in azione. Attraverso il MR, il tono intrinseco dei tessuti si riaggiusta e porta con sé la consapevolezza del momento risvegliando il corpo stesso a tutte le sollecitazioni sensoriali che lo attraversano. Non è qualcosa che proviene dall’esterno ma al contrario, una rivitalizzazione tissutale che si attiva dall’interno, cioè è perfettamente integrata nel soggetto che sperimenta una vitalità fisica e un’attitudine posturale che si manifesta senza bisogno che il pensiero intervenga per mantenerla nel tempo.
Si tratta di rendere cosciente un’attenzione allargata e una presenza a se stessi durante la performance musicale avendo così la possibilità di aggiustarsi per rendere più efficace un gesto, un movimento, e il mantenimento della postura necessaria. Così facendo si può suonare in pubblico senza incorrere in sforzi eccessivi, stabilizzandosi durante l’esecuzione e mantenendo un “confort di base” che si attualizza momento per momento.
La nostra capacità di ascoltarsi, di sentire da dentro più che fare o pensare qualcosa come elemento che agisce dall’esterno, rappresenta la possibilità di sentirsi davvero integrati in ciò che si suona e che si produce come atto originale e unico del momento.
Un altro aspetto fondamentale del MR applicato alla performance musicale è la possibilità di liberare uno stato di presenza e consapevolezza costante dell’interprete che produce un generale miglioramento nel monitorare, in tempo reale, il proprio corpo aggiustando di momento in momento gli eventuali squilibri che si possono presentare.
Nella pratica esecutiva si osserva infatti che l’interprete tende a trasferire su un piano gestuale la propria idea sonora. Tali gesti sono anche la causa diretta sia della qualità espressiva sia della qualità sonora nel suo insieme. Quando suonano, gli interpreti utilizzano il loro corpo per interagire costantemente con il loro strumento, operando sempre simultaneamente nella dimensione della produzione e della ricezione.
Dopo aver proposto dei brevi trattamenti a vari musicisti, di cui parlerò, più avanti, si è notato che al momento dell’esecuzione la relazione con il proprio strumento è stata più simbiotica, in contatto diretto e più aderente, la postura ed il tono muscolare hanno subito modifiche, in particolare la posizione è risultata più stabile, comoda, sicura, posata e ben appoggiata.
Inoltre si è verificato un miglioramento globale della qualità musicale, del suono sia nell’attacco, nel vibrato che nel fraseggio dei brani eseguiti.
Altro dato interessante è stato che, alla presenza di qualche imprecisione, l’interprete non sembrava esserne in alcun modo condizionato mantenendo un livello costante di tenuta per tutta la durata dell’interpretazione.
I musicisti hanno sentito di avere più strumenti di controllo della loro abilità come se ci fosse stato uno sblocco che avesse permesso loro di accedere a modalità fisiche e di pensiero che, al momento, non pensavano di possedere.
In generale si è osservato un miglioramento delle capacità strumentali, come se si avesse in potenza una migliore capacità di traduzione di un pensiero (appartenente esclusivamente al musicale) in un gesto (appartenente esclusivamente al piano fisico) che lo rende sonoro e lo attualizza.
ALCUNI ESEMPI CONCRETI
A questo punto vorrei fare degli esempi in grado di fornire elementi più tangibili sul fare musica con il MR. Ho deciso così di lasciare la parola agli studenti quali reali protagonisti dei corsi sul MR che ho tenuto in Conservatorio.
Al termine delle lezioni di Tecniche corporee funzionali (25 ore) inserito nel piano di studi del Biennio Abilitante per la formazione dei docenti e di Tecniche di rilassamento (30 ore), materia prevista per i vari Trienni, entrambe disegnate sul MR applicato alla performance musicale, ho chiesto di produrre un “diario personale” degli incontri svolti. In questa memoria scritta si trattava di rendere evidente il proprio percorso autobiografico dell’esperienza vissuta con tutti gli elementi che ciascuno riteneva essenziale descrivere.
Nel lavoro svolto durante i corsi, sono stati proposti trattamenti a solisti di vari strumenti ed in formazioni cameristiche.
Un’esperienza a parte è stata la pratica d’improvvisazione realizzata con gli studenti sotto la guida del collega Fabrizio Casti, docente di Elementi di composizione che a sua volta ha completato la formazione di “Praticien de la Réhabilitation Intégré selon la Méthode Rességuier”. L’obiettivo di questa esperienza, compiuta in due incontri, era la possibilità di verificare gli effetti del MR applicato alla pratica improvvisativa superando l’interpretazione della pagina scritta e agendo in tempo reale nella costruzione di un pensiero sonoro prodotto collettivamente.
Inoltre alcuni partecipanti ai corsi, essendo a loro volta docenti di strumento in scuole civiche o altre istituzioni, hanno proposto gli elementi del MR ai loro giovani studenti riportando nei diari alcune testimonianze delle pratiche realizzate.
Un ultimo aspetto riguarda le considerazioni scritte a proposito degli effetti fisici prodotti dai trattamenti nello svolgimento delle attività quotidiane.
In riferimento alle pratiche svolte in classe, gli studenti hanno riportato nel loro diario alcune osservazioni rilevate durante i diversi trattamenti o durante esperienze sperimentate sia prima della performance che in altre situazioni. In particolare qui sono riportate riflessioni riguardanti le performance solistiche, in formazioni cameristiche, durante l’improvvisazione, nella pratica dell’insegnamento e in fine in situazioni di vita quotidiana.
Questo breve collage che segue è costituito da frammenti tratti dai diversi elaborati senza nessun tipo d’intervento da parte mia per salvaguardare l’autenticità dei lavori.
Per ragioni di sintesi e per garantire un minimo spazio a ciascun scritto, riporto solo alcuni stralci di una minima parte dei partecipanti ai corsi, per questo mi scuso con gli studenti non citati che comunque sinceramente ringrazio.
PERFORMANCE SOLISTICHE
Mi siedo al pianoforte dopo un trattamento. Tutto diverso. … Stabilità. Le braccia e le gambe sembrano più lunghe e più un tutt’uno con il resto del corpo. Comincio a suonare la polacca in Fa Diesis di Chopin e già dalle prime note sento che è tutto diverso.
Il tempo sembra dilatato. Mi sembra di avere un’infinità di pensieri tra una nota e l’altra e soprattutto la possibilità di scegliere i colori da applicare al mio quadro sonoro con tutta calma. Tempo allargato. Ma c’è anche altro spazio in questi istanti. Sento il mio corpo come mai l’ho sentito, presente, vigile, cosciente… Sento la presenza di chi mi ascolta e la mia presenza tra chi mi ascolta Federico, pianista.
… netta la percezione che ho avuto in termini di miglioramento globale della performance musicale sotto tutti gli aspetti..diversità timbrica; tocco in generale più tranquillo e fluido; sonorità più profonda e “compatta”; sensazione di dilatazione e calma sul tempo che comunque è rimasto agogicamente lo stesso; atteggiamento meno nervoso in presenza di errori momentanei, sia riscontrato a livello sonoro che anche nella maggiore distensione del viso ed una gestualità più disinvolta e più coerente verso l’intento sonoro ricercato. Emanuela, pianista.
… sensazione di benessere generale e di controllo sulle proprie abilità e una maggiore sicurezza a livello fisico e individuale … la respirazione, la coordinazione del movimento e la postura, creano “un’armonizzazione” totale del corpo durante le performance. Valentina, flautista.
E’ stato come se avessi scoperto di avere l’energia in tasca. Se mi metto al piano, mi centro, raccolgo le energie, sono sul qui e ora … suono..tutto molto meno faticoso..come se suonassi in uno stato di dissociazione, assorta in me stessa … il tono dei tessuti aumenta così l’irrorazione sanguigna … Stella, direttore d’orchestra.
La voce, il suo suono, e la sua relazione imprescindibile con il fiato, sono risultati più pieni e omogenei, e il suo controllo morbido e semplice. Alessandro, cantante.
Ho iniziato a suonare con un tempo che da subito ho percepito allargato. Ho sbagliato una terzina iniziale che però, a differenza del solito, non ha pregiudicato il seguito dell’esecuzione. La performance e l’ottimo risultato mi hanno stupito. Andrea, pianista jazz.
Ho provato piacere fisico nel produrre dei suoni, ma non avevo la percezione del “fuori” e il controllo per fare in modo che l’esterno (gli ascoltatori) ricevesse un’esecuzione impeccabile. Ero solo io con il mio corpo, la mia voce e una dimensione di musica nella quale galleggiavo. Tiziana, cantante.
PERFORMANCE CAMERISTICHE
Sono riuscito a rapportarmi con l’altro esecutore in modo più consapevole sia dal punto di vista dinamico che ritmico, creando una sonorità d’insieme più omogenea. In alcuni casi siamo riusciti a ottenere attacchi, ritenuti e accelerandi sincronizzati nonostante io tenessi gli occhi chiusi e quindi fossi “semplicemente” in ascolto.
… la performance ne ha guadagnato, grazie a un ascolto migliore di sé e dell’altro non solo dal punto di vista meramente sonoro ma anche in termini di presenza. Valerio, chitarrista.
Il brano è stato eseguito sino alla fine con un maggior coinvolgimento emotivo sia da parte mia che da parte della flautista che ha percepito il mio benessere e la mia naturalezza nel suonare, lasciandosi totalmente coinvolgere. Ero concentrata non tanto sul brano in sé quanto su ciò che io volevo dal quel brano in quel momento. Ovvero un piacere nel suonarlo che era tutto personale e non aveva nulla a che fare con ciò che c’era scritto in partitura o con l’esame di musica da camera. Le dita assecondavano questo mio benessere: le braccia leggerissime, sentivo il peso direttamente sui polpastrelli come se questi ultimi fossero diventati un tutt’uno con i tasti.
Valentina, pianista.
Dopo l’esecuzione tutte due abbiamo notato come, nonostante gli occhi chiusi, riuscivamo ad attaccare insieme e a prendere gli stessi respiri.
Sabrina, percussionista
IMPROVVISAZIONE
Ho provato un gran senso di coinvolgimento e di attenzione, una capacità di ricevere e trasformare tutti gli stimoli che venivano sia dai miei compagni che dall’ambiente circostante e una gran sensazione di benessere e di presenza.
Andrea, violinista.
Nell’improvvisazione sono stato molto con i suoni, ho percepito le sfumature che l’altro proponeva e tutti abbiamo interagito intrecciandosi in un tutt’uno, il tempo che passava perdeva un po’ di senso, esistevano solo i suoni.
Mattia, chitarrista.
Durante l’improvvisazione vi è stata da parte mia una particolare concentrazione, il suono che producevano gli strumenti sentivo che mi risuonava dentro, percepivo un senso di libertà e una grande emozione.
Francesca, etnomusicologa.
Ogni performance è diversa dall’altra, in quanto composta da differenti elementi. Prendiamo questi diversi elementi allora e facciamoli nostri, come un errore, che può trasformarsi in un’ inaspettata e sorprendente improvvisazione. Aurora, musicista elettronica.
INSEGNAMENTO
Capita con i ragazzi che da poco si sono approcciati alla chitarra, di vedere posture totalmente innaturali che raggiungono mentre cercano, sovraccaricati di informazioni, di seguire tutte le direttive indicategli riguardo al come si tiene e si suona lo strumento … la soluzione invece viene trovata da loro stessi e in maniera totalmente naturale dopo una brevissimo trattamento MR, il loro corpo si adatta tanto da lasciarli un po’ stupiti quando poi riaprono gli occhi e vedono che tengono bene lo strumento nella totale comodità. Mattia, chitarrista.
Ho utilizzato il MR con alcuni miei allievi durante le lezioni di violino: tutti hanno provato una sensazione di rilassatezza ma allo stesso tempo di stato vigile, l’esecuzione musicale è stata molto piacevole e sostenuta da un’elevata concentrazione nella ricerca dell’intonazione e del suono. Maria Grazia, violinista.
… ho avuto modo di applicare il MR durante la pratica di musica d’insieme presso la scuola media dove insegno, in cui dirigevo i ragazzi e mi sono potuta accorgere dei momenti in cui la mia presenza era davvero attiva e catalizzava tutto il gruppo e quanto questo incidesse immediatamente in termini di concentrazione generale e quanto tutto ciò sia fondamentale per prestazioni di questo tipo. Emanuela, pianista.
Ogni alunno ha il suo modo di accostarsi allo strumento e, di conseguenza, ha le sue peculiari difficoltà. Ho integrato il mio metodo di insegnamento con il MR lavorando sul sostegno prima di suonare.
Spesse volte gli alunni iniziano un’esecuzione senza prepararsi, né mentalmente né fisicamente, ma si “buttano” incerti sulla musica, senza avere una reale consapevolezza di ciò che stanno facendo.
Ho cercato di aiutarli a mantenere la concentrazione anche durante un’esecuzione, facendogli sentire fisicamente l’importanza di essere sempre presenti nel presente sonoro sia con la mente che con il corpo. Valerio, chitarrista.
VITA QUOTIDIANA
Quando ho riaperto gli occhi, dopo un trattamento, ho avuto un’esplosione di sensazioni, per un attimo mi sono sentita disorientata poi mi sono resa conto che tutto intorno a me aveva una luce nuova e un profumo nuovo. Per non parlare dello stato d’animo! Sentivo un’euforia quasi fuori luogo, un bisogno incontenibile di sorridere senza motivo. Stavo semplicemente BENE e quella sensazione ho avuto il piacere di tenerla per tutto il pomeriggio. Al lavoro i miei alunni, inconsapevoli dell’accaduto, appena mi hanno vista mi hanno detto “Prof cosa ti è successo? Brilli tutta!!”. A me è venuto da sorridere perché era proprio la sensazione più forte, mi sentivo veramente piena di energia e piena di vigore. Carolina, clarinettista.
… i primi risultati sono stati i seguenti: malgrado la mia mente rifiutasse questa “apparente” immobilità, per contro il mio fisico iniziava a risvegliarsi traendone benefici. La mia respirazione subiva modificazioni, da corta superficiale e affannata diventava più profonda e rilassata, e man mano che il corso procedeva mi accorgevo che nell’arco della giornata aumentava il tempo in cui riuscivo a respirare in modo più profondo.
… mi sentivo più dritta, più aperta nelle spalle e più stabile nel mio appoggio a terra: insomma più in equilibrio. Mi ricordo di questa sensazione perché tornando a casa camminavo più dritta e senza “sbandare”, sensazione fastidiosa che mi capita di avere spesso. Leonarda, pianista.
… ho compreso l’importanza e la bellezza di comunicare col mio corpo, di “sentire” le varie parti del mio corpo ponendovi attenzione, cosa che prima non facevo. Susanna, pianista.
… ne ho tratto delle sensazioni di risveglio sensoriale, senso di leggerezza corporea accompagnata da un raddrizzamento della colonna vertebrale, facendomi camminare a testa alta e soprattutto, cosa che mi ha alquanto sorpreso, un senso di gioia e di allegria. Fabrizio, chitarrista.
Per me è stata un’esperienza preziosa, utile non solo per migliorare la performance musicale, ma da applicare in ogni momento del quotidiano. Mi è stato insegnato a risvegliarmi e a esercitarmi per rimanere cosciente e a non perdermi, a sentire il mio corpo nel mondo, ad ascoltarmi e ad ascoltare coscientemente tutto intorno a me. Tiziana, cantante.
Il lavoro di ricerca sul MR applicato alla performance musicale è iniziato nel 2007, da allora prosegue oltre che presso il Conservatorio di Musica di Cagliari, anche in altre istituzioni in Svizzera e in Belgio. Dal 2012 sono previsti dei corsi musicali di presentazione e specialistici in Italia e in altre città europee.
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